Il disturbo d'ansia sociale ( D A S ), definita fobia sociale, è caratterizzato da una penosa sensazione di paura e di ansia anticipatoria che prende
forma quando entra in gioco la possibilità di in scena nel palcoscenico della vita sociale.
La paura dell'altro crea un continuum emozionale, dall'imbarazzo, alla vergogna, alla timidezza, alla paura di arrossire.
Se ci si trova" dietro le quinte", ci si sente tranquilli, ma quando tocca a te entrare in scena il timore e l'ansia ti assale e ti paralizza. L'esposizione, i
riflettori puntati su di te, il pubblico, li senti una minaccia e ad essere minacciata è il mantenimento o il raggiungimento di una buona immagine di te
stesso di fronte agli altri e verso sè stesso. La paura di "perdere la faccia", di rendersi in pubblico, può avere un effetto devastante limitando la
spontaneità e libertà d'azione.
Questa paura degli Altri, del giudizio degli altri, comporta un tentativo di mimetizzazione e di copertura ( la maschera), cercando di non far trasparire il
proprio disagio, non renderlo pubblico per non trovarsi in una situazione di vulnerabilità.
Il tentativo di non far vedere e rivelare agli altri quello che si agita dentro, se fallisce può manifestarsi con l'ansia, l'irrequietezza, lo sguardo fuggente o
basso che evita gli occhi dell'altro, con il al viso, i tremori, balbettii, la rigidità corporea e verbale.
Nell'eritrofobia (la paura di arrossire), il tentativo di autocontrollo fallisce e ciò che si teme si avvera e il rossore che colora il viso rivela e svela il
nostro privato così che tutti possono vederlo.
Nella dismorfofobia (la paura di essere brutti), c'è una preoccupazione angosciante per l'esposizione di un corpo che si sente poco attraente, con
difetti, non guardabile, e entra in gioco la paura di essere rifiutati, non considerati, emarginati, non amati e abbandonati.
L'umiliazione
Laura si rappresentava, nel racconto di un sogno, ad una selezione per diventare Cheerleaders e si trovava lì perchè l'aveva iscritta l'amica del
cuore aveva grande considerazione di lei. A dell'amica Laura si vedeva brutta e goffa. Guarda le altre concorrenti in lizza per quel ruolo ambito, i loro
corpi perfetti, il modo sicuro di muoversi, poi osserva se stessa e pensa di non nessuna possibilità, di essere brutta, non competitiva, goffa nei
movimenti, improponibile e fuori luogo. L'amica la rincuora e cerca di darle coraggio. Ci sono i ragazzi della squadra di americano. Tutti belli,
muscolosi, che si lanciano occhiatine di intesa. Le ragazze si esibiscono, tocca a me, cado maldestramente e sento i commenti di scherno e i risolini
delle ragazze. ragazzi fanno il "pollice verso" e ridono tra di loro. Mi sento umiliata, voglio scappare, scappo piangendo con l'amica che mi rincorre.
Vincente-perdente
Alberto dava corpo alla sua paura in un sogno: sono seduto nel mio banco di scuola che si trasforma in una panchina vicino al terreno di gioco di un
campo da calcio dove si sta disputando una partita. Aspetto ansiosamente e spero che non ci sia la possibilità che il mister mi chiami per entrare a
giocare. In campo giocano i bravi, gli affidabili, quelli che hanno la sua fiducia e invidio la bravura e sicurezza. Io mi sento inadeguato e non
all'altezza, considerato. In panchina la mia mente vaga, lontano da lì, poi ritorna e il campo assume una luca inquietante, mi vedo in l'allenatore mi ha
chiamato per una sostituzione e il mio incubo prende forma. L'ansia mi assale, le gambe mi tremano, sbaglio i passaggi, gli occhi dei compagni sono
occhi di e il mister scuote la testa desolato. Il pubblico fischia, un coro di fischi. Mi sostituiscono ed esco in fretta per recuperare lo spogliatoio. Sono
nello spogliatoio, pieno di e depresso con la considerazione in caduta libera, ma sollevato: ormai è fatta, è passata.
Il palcoscenico
Arturo si vedeva in un sogno, dietro le quinte di un teatro, che ripeteva le battute del suo copione e si rassicurava dicendosi che sull'interpretazione
del suo personaggio era tutto previsto e comprese le pause, il modo di muoversi e le battute degli altri attori in risposta. Sente "tocca a te" e il suo
cuore batte all'impazzata ed avverte un'ansia paralizzante che soffoca ed un dentro la mente. Viene spinto in scena e si ritrova sotto i riflettori
impaurito. Succede la catastrofe: non trova e non ricorda le battute, il pubblico rumoreggia, gli altri attori lo guardano uno sguardo interrogativo,
qualcuno ghigna, lui è sempre più in confusione, il viso caldo, bollente,il rossore colora la sua faccia,vorrebbe sprofondare, sparire, dissolversi, ma il
suo corpo è lì il pubblico è lì. Partono i fischi,il sipario cala e lui scappa pieno di vergogna.
Il fuoco e l'acqua
Elena ha un sogno ricorrente dove si vede come una statua di ghiaccio in un giardino, esposta al pubblico. Lì dentro si sente al sicuro perché non
traspare il fuoco dentro, che sente dentro. E' un minaccioso e il ghiaccio lo contiene, ma non da affidabilità. Il fuoco sente che si fa incontenibile, il
ghiaccio della statua comincia a sciogliersi. Avverte il fuoco sul corpo, si infiamma, il viso è il fuoco prima invisibile ora è visibile, sotto gli occhi di tutti.
E' angosciata e in preda del fuoco.
Piange disperata e le fiamme si spengono.
La cura della fobia sociale
La cura farmacologica è attuata con gli ansiolitici (benzodiazepine) e gli antidepressivi (fluoxetina, paroxetina).
La cura psicologica con approccio psicodinamico, si differenzia perchè non tacita il problema, il malessere, ma lo lascia libero di esprimersi, dà voce
e di voce al disagio, lo rispetta e lo lasciandolo dire quello che vuole dire.
Il terapeuta fa da medium mettendo e permettendo il contatto tra il paziente e la parte sofferente e inascoltata.
Un'integrazione della cura, ove opportuna, è rappresentata dalle tecniche autodistensive che permettono una maggiore autonomia, forza e sicurezza maggiormente ansiogene limitanti.
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